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Una giornata indimenticabile

Erano le sette in punto e la sveglia di Elena aveva appena cominciato a suonare. Era un mercoledì e per la ragazza si prospettava un’ennesima noiosa giornata lavorativa.
Elena faceva l’impiegata all’ufficio anagrafe della sua piccola città, una professione che aveva sempre svolto malvolentieri, attirandosi le an- tipatie di molti dei suoi compaesani, i quali avrebbero fatto carte false pur di occupare quel posto, certi di essere molto più abili di lei nel- lo svolgere quella banale professione. Anche per questo motivo Elena odiava ogni singolo istante che trascorreva al lavoro, ma non aveva mai nemmeno pensato di mettersi di impegno per cambiare la sua condi- zione. Preparare il proprio curriculum e fare un colloquio di lavoro era per la sua mentalità qualcosa di impensabile. L’impiego al municipio era stato ottenuto per lei da suo zio Giulio, amico del sindaco, in cambio di alcuni favori. Era così che si usava dalle sue parti.
Poco dopo il suono della sveglia, la giovane si alzò, si vestì e si recò in cucina per prepararsi la colazione. Abitava in un piccolo appartamento che aveva ereditato dalla nonna materna. Era stata proprio Teresa, la mamma di Elena, a convincere la madre a lasciare l’intero appartamento in eredità alla ragazza, estromettendo gli altri figli e nipoti. Questo ave- va causato ad Elena numerosi contrasti con familiari e amici, che colpe- volizzavano lei e Teresa di aver manipolato l’anziana donna, incapace da anni di intendere e di volere, al fine di ottenere quei 45 mq di appar- tamento. Ma poco importava, ormai in paese tutti emarginavano Elena già da molto tempo. Almeno ora aveva un posto sicuro in cui stare. Giunta in cucina però Elena trovò una strana sorpresa: in fondo alla stanza c’era un curioso pacco color prugna impacchettato con dei nastri dorati. La ragazza, con sospetto, si avvicinò alla scatola e ne tolse il co- perchio. Dopo aver guardato all’interno della confezione sentì un rumo- re molto forte, come di uno sparo, alzò la testa e, dopo essere rimasta pietrificata per qualche istante, si rese conto di non trovarsi più in casa sua. Guardò ai suoi piedi ed ecco che al posto delle solite mattonelle anni ’60 vide uno splendido pavimento di granito rosa. Immediatamente capì di essere stata catapultata in un’altra realtà, in un mondo parallelo che non aveva mai nemmeno osato immaginare. Lo sfarzo che la cir- condava la faceva sentire a disagio. I lampadari giganteschi sopra la sua testa quasi la spaventavano, gli specchi d’oro la terrorizzavano. Per la prima volta pensò che i suoi leggings comprati per €7 al mercato fosse- ro inadeguati, capì che forse si sarebbe potuta impegnare di più quella mattina nell’abbinare il maglione verde dell’OVS che le aveva regalato sua madre per lo scorso Natale. Finalmente si trovò a fare i conti con un mondo completamente diverso da quello in cui era cresciuta e non se ne sentì all’altezza. Di nuovo dei rumori, questa volta dei passi. Si nasco- se dietro un gigantesco portaombrelli, probabilmente di antiquariato, e cerco di respirare più silenziosamente possibile.Di fronte a sé vide passare due meravigliose fanciulle che indossava- no degli abiti splendidi: il primo era lungo fino ai piedi, con uno spacco vertiginoso che lasciava scoperte le lunghissime gambe della ragazza, il secondo, invece, era molto corto e con una profonda scollatura sul- la schiena. Entrambi erano neri. Dentro di sé, all’inizio, derise le due ragazze. Pensò che quei vestiti fossero costati una fortuna e che loro fossero delle folli per aver speso tutto quel denaro per acquistare de- gli inutili abiti. Poi provò a immaginare come sarebbero parsi quegli abiti addosso a lei. Magari con un vestito del genere sarebbe riuscita a camuffare i suoi fianchi un po’ troppo larghi. Forse, sarebbe riuscita a mettere in evidenza la sua seconda di reggiseno. O magari no? Indos- sando un abito così sarebbe riuscita a fare colpo su qualcuno, si do- mandò? Su un giovane carabiniere ad esempio? O, meglio ancora, su Antonio, il figlio di Giuseppe il commercialista, che aveva da poco vinto il concorso da magistrato? Finalmente con un vestito del genere, si dis- se, sarebbe riuscita a trovare l’uomo giusto, quello che le avrebbe per- messo di lasciare quel maledettissimo lavoro al comune. Avrebbe tro- vato il perfetto compagno di vita che aveva sempre sognato: quello che la avrebbe portata ogni sabato sera a mangiare la pizza al “Banchetto”, colui che le avrebbe regalato il solitario uguale a quello di sua madre, il ragazzo che avrebbe fatto invidia a tutte le giovani del paese. Se avesse fatto colpo su un uomo così, giurò, non avrebbe più salutato nessuno. Allora, dopo aver visto le due ragazze allontanarsi e andare nell’altra stanza si avventurò per la villa alla ricerca dell’armadio giusto in cui trovare un abito da rubare. Si sentiva euforica come mai si era sentita prima. Era come quando, al matrimonio del nipote di sua zia Vincenzi- na, aveva bevuto un’intera bottiglia di vino rosso. Finalmente, riuscì ad entrare in una stanza da letto senza essere vista da nessuno. Con un coraggio che non aveva mai avuto prima aprì l’armadio. Di nuovo quel rumore. Lo sparo. Poi il vuoto.
Pochi istanti dopo aprì gli occhi e vide davanti a sé la sua scrivania, la fottuta scrivania dell’ufficio anagrafe. Si guardò le gambe e vide che aveva indosso sempre i soliti leggings da €7, solo che adesso le piace- vano un po’ meno di prima. Le ci volle qualche istante per riprendersi dallo shock. Poi entrò una ragazza. Assomigliava terribilmente ad una delle due fanciulle che aveva visto poco prima alla villa. Ora però stava indossando un semplice pantalone nero a vita alta ed una camicia bian- ca in raso. Era molto bella anche vestita così. “Salve, dovrei rinnovare la mia carta d’identità.”, disse. Elena non rispose, era molto nervosa. At- tese qualche istante, faticava a rispondere delle sue azioni in quel mo- mento. “Torni tra un mese” ribatté “non vede che siamo pieni di lavoro, pensa che io sia qui solo per lei?” Così la giovane se ne andò ed Elena fu libera di riordinare alcune delle sue scartoffie, con il telefono alla mano, pronta per collegarsi ad internet e vedere un’altra miserabile puntata di “Uomini e donne”.

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